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Pubblicità ingannevole
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Pubblicità ingannevole: quando un brand tradisce il consumatore

Quel maxi gelato che alla fine è un mini gelato. Quell’integratore alimentare che Lascia stare i faticosi allenamenti, bevilo due volte al giorno. Oppure la classica promo del Cosa aspetti? C’è tempo fino a domenica, e poi è valida ogni altro lunedì successivo per mesi. Forse anche anni. Millenni. Insomma, prima in radio, poi in tv, e ora sul web, siamo bombardati di pubblicità ogni giorno. Alcune clamorose, in grado di strapparti un sorriso o lasciarti un messaggio profondo. Altre più subdole, distorte, e dunque scorrette. È il caso della pubblicità ingannevole.

Parliamo di un tipo di messaggi promozionali che non rispettano affatto le promesse fatte, seducendo il consumatore per portarlo all’acquisto di prodotti o servizi che poi si rivelano diversi per caratteristiche, prezzo o altro. 

Gli esempi si contano davvero sulle dita di tante mani, tantissime. Il tutto coinvolgendo ogni settore, dai fast food ai siti di booking, dall’arredamento alle automobili. L’ultimo della lista Burger King, in America, accusato di mostrare il suo Whopper più grande del 35% di quanto effettivamente non lo sia. 

Ma cosa si intende davvero per pubblicità ingannevole? Come un consumatore può riconoscerla per evitare di cadere nel tranello? E soprattutto, come un’accusa del genere può impattare sul rapporto brand-community?

Partiamo da una definizione.

Differenza tra pubblicità e realtà

Cos’è la pubblicità ingannevole?

Come dicevamo, la pubblicità ingannevole è quella sponsorizzazione che veicola un messaggio distorto o falsato, pronto ad enfatizzare dettagli del prodotto che, di fatto, sono inesistenti. Il risultato? Una totale confusione del pubblico, utile per influenzare le sue scelte d’acquisto.

Un po’ come quando un’auto viene presentata con mille optional e servizi aggiuntivi che però, per impostazione predefinita, non sono inclusi al momento dell’acquisto in concessionaria. Ecco, quella è pubblicità ingannevole, perché una serie di dettagli sono stati omessi strategicamente nello spazio pubblicitario.

Tuttavia, esistono tanti motivi per cui una pubblicità può essere giudicata ingannevole dagli organi di controllo. Di solito, si tratta di messaggi che:

  • Utilizzano termini ambigui, con più chiavi di lettura, così da confondere il potenziale acquirente. 
  • Sfruttano la FOMO annunciando date ingannevoli per mettere pressione al consumatore, in un periodo di tempo che poi non è così breve come viene detto. 
  • Omettono costi aggiuntivi o altri dettagli importanti, oppure li includono in maniera occulta o confusionaria.
  • Non citano prodotti complementari, imprescindibili per la fruizione del bene pubblicizzato. 

Dunque, bisogna sempre stare attenti. Non a caso, la stessa Antitrust ha pubblicato un decalogo per aiutare i consumatori a riconoscere le pubblicità che ingannano.

Ma soprattutto, bisogna evitare la realizzazione di messaggi fuorvianti e subdoli di questo tipo. E lo diciamo ai tanti che lavorano nel nostro mondo.

Le migliori campagne di pubblicità ingannevole: gli esempi che sicuramente ricorderai

C’è tempo solo fino a domenica: il caso Poltronesofà

Poltrone e sofà offerta

La nota azienda di divani e poltrone, nella primavera 2021, ha ricevuto una multa di ben 1 milione di euro dall’Antitrust, a causa di pubblicità ritenute ingannevoli e omissive. I messaggi sotto accusa rientrano in campagne promozionali che citavano frasi quali doppi saldi, doppi risparmiSupervalutiamo il tuo divano fino a 1.500 euro, oppure Cosa aspettate? C’è tempo solo fino a domenica. Il problema? Che tra promo chiuse in anticipo e dedicate a un numero limitato di divani o scadenze dell’offerta inverosimili, il risultato lo abbiamo scritto nella prima riga del paragrafo: un milione di euro di sanzione.

Uliveto e Rocchetta, le acque della salute

Uliveto e Rochetta

Non sappiamo se l’avete notato, ma i due celebri brand di acqua naturale non si definiscono più acque della salute. A proibirglielo è stato il Comitato di Controllo del Giurì dell’Istituto di autodisciplina pubblicitaria, dichiarando che questo slogan è ingannevole in quanto lascia intendere che le acque siano prodotti specificamente utili per la prevenzione e la cura di malattie. Indicazioni, queste, che non hanno trovato esplicita autorizzazione da parte della Comunità Europea. Insomma, va bene fare tanta plin plin, va bene l’uccellino di Del Piero, ma non di più.

Burger King e il suo Whopper non tanto King

Whopper Burger King
Fonte: burgerking.it

È di pochissimi giorni fa, invece, l’accusa di un gruppo di clienti contro il colosso del fast food Burger King. Il problema è semplice e preciso: l’hamburger Whopper della catena, nei menù, sembra più grande del 35%. E come se non bastasse, appare più condito, con il doppio della carne rispetto a quella che viene effettivamente servita.  Ma non è solo colpa del Re. Anche McDonald’s, negli anni, si è ritrovata catapultata in cause simili nei tribunali di tutta America. 

Sembra quasi che i fast food siano davvero tanto fast, ma davvero poco food.

Chi pensa alle conseguenze? Il danno d’immagine e la perdita di fiducia

C’è anche un altro aspetto della questione che in molti sottovalutano. Un aspetto legato al sottile rapporto che lega brand e consumatori, fondamentale al giorno d’oggi. Sì perché, come diciamo sempre, non c’è solo il vendere, vendere, vendere. Serve creare un rapporto sincero e autentico tra le parti, un legame che crea affetto, passione e fiducia nel tempo. Un patto, una magia indissolubile che, se tradita, non farà altro che produrre l’effetto contrario. E in questo senso la pubblicità ingannevole è un tradimento. Una bugia, scorretta e ingiustificata. Una di quelle che nessun consumatore, più o meno affezionato al marchio, si merita.

E allora lasciamo da parte le finte domeniche, i doppi sconti, i finti optional e i maxi panini. Raccontiamo piuttosto una storia, un racconto, suscitiamo emozioni e lasciamo tutti a bocca aperta. La vendita verrà da sé.

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